Questo articolo proviene da
www.infocity.it
il network del giornalismo e della comunicazione
Copyright © tutti i diritti riservati

Stop ai pubblicisti "in laboratorio"

di Alessandro Biancardi

Scrivere sul periodico interno di una università non garantisce l'agognata tessera. Lo ha deciso la Cassazione. Il caso di una studentessa Luiss

Gli articoli scritti per una “testata laboratorio” universitaria, cioè un periodico di informazione che serve da esercitazione per gli iscritti alla scuola di giornalismo, non sono utili per l’iscrizione all’albo dei pubblicisti, perché la testata non ha natura giornalistica.

Lo ha stabilito la Corte di cassazione (Cassazione Sezione Terza Civile n. 352 del 14 gennaio 2002, Pres. Fiduccia, Rel. Amatucci) .
una studentessa, iscritta alla scuola di specializzazione in giornalismo e comunicazione di massa dell’Università Luiss, ha scritto continuativamente articoli per il periodico “LuissInformazione”, edito dalla stessa Università, ricevendo per essi un compenso. Ha quindi, trascorso il periodo di tempo prescritto dalla legge, chiesto all’Ordine dei Giornalisti della Toscana l’iscrizione nell’albo dei giornalisti, elenco pubblicisti, in base alla legge 3 febbraio 1963 n. 69 («sono pubblicisti coloro che svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita»).

La sua domanda non è stata accolta né dall’Ordine regionale, né da quello nazionale.
Ella si è allora rivolta al Tribunale di Firenze che ha rigettato il suo ricorso in quanto ha ritenuto che la rivista LuissInformazione costituisca una “testata laboratorio” interna all’Università Luiss e quindi non un organo di informazione giornalistica. Questa decisione è stata poi ribaltata dalla Corte d’Appello di Firenze, che ha ordinato l’iscrizione della studentessa nell’elenco dei pubblicisti.

La Corte ha rilevato che «quand’anche la pubblicazione avesse costituito “un abile escamotage” della scuola volto a garantire in ogni modo ai propri allievi uno sbocco professionale, tale finalità non escludeva la rispondenza del periodico “LuissInformazione” ai requisiti di legge, trattandosi di una testata regolarmente registrata, portatrice di messaggi culturali e scientifici». Contro questa decisione il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti ha proposto ricorso per cassazione per violazione della legge 3 febbraio 1963 n. 69 (ordinamento della professione di giornalista).

La Suprema Corte (Sezione Terza Civile n. 352 del 14 gennaio 2002, Pres. Fiduccia, Rel. Amatucci) ha accolto il ricorso. «Un periodico ha natura giornalistica – ha affermato la Cassazione – quando è diretto ad informare una MASSA INDIFFERENZIATA di lettori, in quanto la stampa periodica ha una funzione informativa e divulgativa volta alla formazione della pubblica opinione. LuissInformazione – ha osservato la Corte – è definita dallo stesso editore come “testata di laboratorio della scuola di specializzazione in giornalismo e comunicazione d’impresa”, il che rende palese che questo periodico ha la funzione di formare gli autori degli articoli più che di informare il pubblico;

d’altra parte deve tenersi presente che l’aspirante pubblicista, mediante la richiesta d’iscrizione all’albo reclama in realtà il riconoscimento ex post della professionalità già acquisita e già posseduta in via di fatto; tale riconoscimento non può andare a chi, frequentando una scuola di giornalismo, dimostra di non avere ancora acquisito tale professionalità».

La Corte ha deciso la causa nel merito rigettando il ricorso della studentessa contro la delibera dell’Ordine dei Giornalisti della Toscana.

(inserito il 26/01/2002)